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25 novembre 2020: Giornata int.le per l’eliminazione della violenza contro le donne

NELLA FOTO: Donne cristiane del Bangladesh

25 novembre 2020: Giornata int.le per l’eliminazione della violenza contro le donne

Alla vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne vogliamo attirare l’attenzione sulle donne cristiane vittime di aggressioni, violenze sessuali, matrimoni e conversioni forzate. È indispensabile che si comprenda che l’adesione alla fede cristiana in alcuni paesi diventa spesso un ulteriore motivo di violenza contro le donne.

“Le ricerche condotte nei 70 Paesi in cui la persecuzione è più elevata mostrano costantemente che i persecutori prendono di mira intenzionalmente i cristiani, uomini e donne. In particolare, essi sfruttano le  vulnerabilità esistenti specifiche di ogni genere”, spiega il report sulla persecuzione religiosa di genere pubblicato nel 2020 di Porte Aperte/Open Doors (scarica copia QUI). Nel report si dimostra come le donne cristiane siano vittime di premeditate aggressioni proprio a causa della loro fede, allo scopo di colpire chirurgicamente 3 aree principali della loro vita: la purezza sessuale percepita, le relazioni familiari e il sostentamento.

È di vitale importanza che si riconosca la doppia vulnerabilità delle donne cristiane in molti paesi in cui la comunità cristiana rappresenta una minoranza e come, al tempo stesso, la violenza sessuale di genere sia legata alla libertà religiosa come diritto umano essenziale.

Degna di nota è la dichiarazione di un gruppo di leader religiosi nel Regno Unito (adottata dal Foreign and Commonwealth Office come documento politico), la quale stabilisce come i leader religiosi cammineranno a fianco dei governi per prevenire la violenza sessuale di genere e promette anche di sostenere le vittime, “riconoscendo che l’adesione a una fede o a un credo può di per sé comportare un’ulteriore vulnerabilità”. E’ importante che negli ambiti politici si arrivi a riconoscere questo.

Il nostro lavoro

Porte Aperte ha sviluppato un corso per aiutare i leader cristiani locali nei Paesi di persecuzione, a comprendere le diverse vulnerabilità che uomini e donne devono affrontare.

“Il programma guarda a ciò che la cultura locale dice su come essere un uomo o una donna, confrontandolo con ciò che dice la Bibbia. Le lezioni sono state sviluppate stando al fianco delle comunità cristiane e guardando le dinamiche di genere e le persecuzioni religiose nella vita reale”, ha detto la principale autrice del corso, Elizabeth Miller, aggiungendo che la propria cultura di origine può diventare un ostacolo quando la violenza colpisce una donna della propria chiesa o famiglia.

Se la cultura dominante, infatti, tende a “gettare vergogna” sulla vittima in quanto ha perduto la propria “purezza”, leader e comunità cristiane potrebbero essere meno capaci di (e non avere gli strumenti per) accompagnare la vittima verso la guarigione. Da qui l’importanza di questi corsi.

L’obiettivo è quello di rendere le comunità attorno alle chiese più resistenti.

“La resilienza non avviene in modo naturale – anche per le comunità cristiane – ma, essendo trasformati dal rinnovamento delle nostre menti, cresceremo in unità e forza, in modo da poter stare fermi di fronte all’opposizione e glorificare Dio nel modo in cui lo facciamo”, dicono Miller e Fisher.