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Myanmar: Chiesa battista incendiata dai militari birmani

NELLA FOTO: Un credente del Myanmar ringrazia i cristiani di tutto il mondo per le preghiere

Myanmar: Chiesa battista incendiata dai militari birmani

Nel mezzo dei combattimenti tra l’esercito birmano e le Forze Armate di Difesa del Popolo (PDF), le truppe militari hanno dato alle fiamme la più grande chiesa battista della città di Thantlang, nello Stato di Chin, in Myanmar, il Paese alla 12° posizione della nostra World Watch List. Secondo i media locali, l’edificio è stato distrutto lo scorso giovedì 9 giugno.

Nonostante l’incendio non abbia provocato vittime, l’incidente ha sconvolto la comunità cristiana locale. “La notizia ha intristito ulteriormente i credenti di Thantlang”,racconta Teresa*, nostra partner locale, “ci sono persone in lutto per le perdite subite in questi mesi di conflitto ma c’è anche chi continua a guardare a Dio con speranza”.

Dal giorno del colpo di Stato militare, nella sola città di Thantlang sono state incendiate più di 1.200 case e 11 chiese. Tra queste anche l’ultima, quella battista del 9 giugno, che raccoglie più di 600 famiglie ed è nota per essere la realtà più grande e conosciuta di tutto il Myanmar. Molti dei residenti di Thantlang erano fuggiti già nel 2021 e ora si trovano a vivere come sfollati nelle aree vicine, cercando riparo in rifugi di fortuna, costruiti utilizzando bambù, legno e teloni.

Testimonianze di cristiani locali

Zuala*, un cristiano di Thantlang che ora vive come rifugiato, ha raccontato ai nostri partner locali il suo rammarico: “Abbiamo lavorato duramente, contribuito con denaro e costruito la chiesa con le nostre mani. Quel luogo era prezioso per noi. Vederlo data alle fiamme, distrutto, fa male al cuore. È doloroso. Se l’edificio della vostra chiesa venisse bruciato, non vi sentireste allo stesso modo?”

Kima*, un altro credente locale, anche lui fuggito da Thantlang, ha aggiunto: “Quando sentivamo che i soldati si stavano avvicinando al nostro villaggio, raccoglievamo tutto quello che potevamo e fuggivamo nella giungla. Potevamo rimanere nascosti fino al calar della notte o per giorni interi, poi tornavamo alle nostre case. Ogni volta le trovavamo vuote, saccheggiate. Quando hanno iniziato anche a bruciare le abitazioni e la chiesa, abbiamo deciso di scappare definitivamente. Non era più sicuro per noi rimanere”.

“Non c’è lavoro, trovare un impiego è difficile e per questo fatichiamo ad acquistare il necessario per sopravvivere. Dipendere dalla generosità degli altri non è facile”, ha concluso Zuala.

Domani, mercoledì 15 giugno, pubblicheremo nell’area PRESS e REPORT del nostro sito il documento intitolato Chiesa Profuga: Report 2022 su sfollati interni e rifugiati, in cui fotografiamo un fenomeno assai poco conosciuto: esiste una relazione tra la persecuzione religiosa dei cristiani e la condizione di sfollato interno o di rifugiato, ed esiste quindi una Chiesa profuga, composta da cristiani costretti ad abbandonare le proprie case, città, Paesi.

*pseudonimi