La vita di un credente in Qatar varia molto in base alla categoria di cristianesimo alla quale si appartiene. In generale, ne esistono due: i cristiani stranieri, la maggior parte dei quali sono lavoratori immigrati, e i cristiani che si sono convertiti dall’islam. I lavoratori stranieri cristiani sono molto più liberi nella propria fede. Ad esempio, in passato, il governo ha consentito grandi eventi di culto. Anche per questi seguaci di Gesù, tuttavia, è severamente vietata qualsiasi evangelizzazione nei confronti dei musulmani. Questo può essere causa di rimpatrio. Inoltre, molti lavoratori immigrati (di qualsiasi fede) vengono maltrattati e subiscono abusi: i lavoratori immigrati cristiani possono essere doppiamente presi di mira e subire abusi sia a causa del loro lavoro che della loro fede. Anche se il governo fornisce terreni ai cristiani migranti per costruire le chiese, queste sono spesso monitorate e collocate in zone specifiche.
I musulmani che si convertono al cristianesimo affrontano persecuzioni molto più significative. I convertiti provenienti sia da contesti autoctoni che migratori, sopportano il peso maggiore della persecuzione. I convertiti locali del Qatar devono affrontare una pressione molto alta da parte delle loro famiglie musulmane. I convertiti provenienti da un contesto migratorio sono principalmente controllati all’interno dell’ambiente sociale in cui vivono. Spesso, piuttosto che le norme culturali del Qatar, sono le norme sociali dei loro paesi d’origine che vengono applicate nei loro confronti. In alcuni casi, possono evitare la pressione vivendo all’interno di una comunità internazionale, piuttosto che nella propria comunità etnica. Tuttavia, anche i loro datori di lavoro possono essere fonte di persecuzione.
Sia gli indigeni che i migranti che si convertono rischiano discriminazioni, molestie e controlli della polizia. Inoltre, la conversione dall’Islam ad un’altra fede non è ufficialmente riconosciuta ed è probabile che porti a problemi legali in materia di status personale e di proprietà.
Sebbene in generale, a causa della legge della Sharia e di una rigida interpretazione dell’islam, tutte le donne in Qatar siano soggette a restrizioni e limitazioni dei loro diritti umani, queste stesse restrizioni rendono le donne cristiane particolarmente esposte alla persecuzione religiosa. Le limitazioni generali per le donne includono l’essere tenute all’obbedienza ai mariti, l’essere esposte legalmente alla violenza domestica e, in caso di eredità, essere legalmente limitate e ricevere la metà di quello che un parente maschio riceverebbe in una posizione simile. In Qatar le ragazze e le donne sono soggette alla tutela da parte dei familiari maschi, il che significa che le autorità non possono interferire con quello che accade all’interno delle case e delle famiglie. Per le donne è particolarmente difficile convertirsi al cristianesimo, perché le famiglie hanno l’autorità di privarle della libertà di movimento, di tenerle segregate in casa, di negare loro l’accesso al denaro e di espellere le donne cristiane dall’abitazione e dalla famiglia, all’interno di un contesto sociale dove una donna non può agevolmente vivere da sola. Le donne convertite rischiano di essere ostracizzate dalle loro famiglie e dalle loro comunità. Se la loro nuova fede viene scoperta, il rischio è che subiscano violenze fisiche o che possano perfino essere vittime di omicidi d’onore. Inoltre, alle donne che provengono da un ambiente musulmano, è legalmente proibito sposare un non musulmano. Di conseguenza, le donne convertite al cristianesimo possono essere costrette a sposare un musulmano tenuto a umiliarle per riportarle all’islam – al quale è conferita la facoltà di limitare la loro libertà per tutta la vita.
Alcune donne convertite potrebbero persino essere obbligate ad unirsi in matrimonio, come seconde mogli, ad uno dei loro zii o nipoti più religiosi, costrette a vivere come schiave sessuali, private del rispetto o di qualsiasi possibilità di essere parte di una comunità. Le donne che lavorano come domestiche in Qatar spesso subiscono molestie sessuali o vengono trattate come schiave. Il maltrattamento dei lavoratori immigrati, che include l’abuso sessuale, è una questione di primo piano a livello internazionale. Anche se essenzialmente non si tratta di un problema relativo alla fede, molti immigrati cristiani che lavorano come domestici, quasi tutte donne, subiscono abusi sessuali.
Anche se la maggior parte dei cristiani in Qatar cerca di non dare nell’occhio, quando un cristiano diventa oggetto di pubblica indagine si tratta solitamente di un uomo. Ciò accade perché sono quasi sempre gli uomini ad essere visibili nell’ambito pubblico e, di conseguenza, in prima linea nell’interazione con le autorità.
I leader cristiani sono tenuti a riportare i dettagli delle attività della chiesa; questi leader sono anche uomini e sono particolarmente sottoposti a controlli. Gli uomini convertiti al cristianesimo non sono immuni a pressioni interne. Quando la notizia della loro conversione si diffonde, i familiari possono minacciare di allontanare da loro mogli e figli, collocandoli in un’altra famiglia. Anche nelle migliori circostanze, le mogli potrebbero essere d’accordo a vivere col proprio marito a condizione che i figli non siano informati della fede cristiana dell’uomo. Questi convertiti avrebbero quindi la possibilità di compiere atti di adorazione cristiana privatamente senza poter condividere la loro fede con i propri figli. L’insieme di queste restrizioni implica che gli uomini in Qatar vengano effettivamente isolati e che per loro sia molto difficile incontrare altri cristiani, ricevere insegnamenti e crescere nella fede. L’occupazione è un altro punto di pressione per gli uomini cristiani di origine musulmana, perché la perdita della propria posizione e del lavoro di un uomo colpirà l’intera famiglia, che non percepirà più un reddito, perderà le prospettive di lavoro future e sarà vittima di isolamento sociale.
“In questo paese musulmano, non possiamo evangelizzare troppo apertamente. Ma nessuno può impedirci di parlare con i nostri colleghi di lavoro e di essere di testimonianza per loro nella nostra vita quotidiana. Ogni giorno, Dio ci concede l’opportunità di mostrare il Suo amore agli altri”.
Il Qatar è sceso di due posizioni nella World Watch List rispetto allo scorso anno. Tuttavia, i livelli di persecuzione sono effettivamente aumentati nel paese, quindi il punteggio del Qatar indica bene l’aumento generale della persecuzione contro i cristiani in tutto il mondo. La violenza contro i cristiani in Qatar è leggermente diminuita, anche se di solito non è molto diffusa, ma la pressione da parte della comunità, della famiglia, della società e di altre fonti non violente è effettivamente aumentata. Nella quotidianità, la vita nazionale è stata il luogo principale dove la pressione è cresciuta e ha portato al lieve aumento del punteggio. È ancora incredibilmente difficile per i cristiani, in particolare per i musulmani convertiti, vivere la loro fede in Qatar.
I cristiani che si sono convertiti dall’islam sono i più a rischio in Qatar, compresi sia i lavoratori immigrati sia i cittadini autoctoni. Il Qatar ha una massiccia popolazione di lavoratori immigrati – una stima recente indica che solo il 12% della popolazione è indigena del Qatar – quindi molti lavoratori provengono da diverse culture religiose. Tuttavia, se seguono Gesù invece dell’islam, si crea una notevole pressione. Questa pressione può provenire dalle loro stesse comunità di immigrati o dalla più ampia società del Qatar. I convertiti che sono in grado di trovare un sostentamento e una casa in una comunità internazionale spesso subiscono meno persecuzioni, ma possono comunque essere presi di mira. I cittadini autoctoni del Qatar che si convertono al cristianesimo devono affrontare ripercussioni significative da parte della famiglia e della comunità, soprattutto perché la società del Qatar abbraccia una corrente conservatrice dell’islam.
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