In Turchia, il nazionalismo religioso è molto forte ed è in crescita, questo mette un’enorme pressione sui cristiani. A differenza degli anni precedenti, il governo non ha soltanto designato come bersaglio i cristiani stranieri, ma ha anche bandito quei cristiani stranieri sposati con cittadine turche e genitori di figli che hanno la nazionalità turca. L’atmosfera di crescente nazionalismo lascia poco spazio alla proclamazione di un messaggio diverso e i cristiani devono fare molta attenzione nel condividere la loro fede con altri, perché potrebbe far sorgere sospetti.
Convertirsi dall’islam al cristianesimo non è illegale, ma i convertiti si troveranno verosimilmente a fronteggiare opposizione e pressione da parte della loro famiglia e della comunità locale. In alcuni casi, questo può portare al divorzio o all’esclusione dall’eredità. I pericoli spingono molti credenti a condurre una doppia vita e a nascondere la loro conversione. L’appartenenza a una religione sui documenti d’identità può essere legalmente modificata, ma in realtà può trattarsi di un processo difficile e stressante. Anche lasciare una denominazione per un’altra può essere problematico.
Il cocktail di islam e nazionalismo interessa anche i cristiani che non hanno un passato musulmano, per esempio le minoranze etniche come i Greci, gli Armeni e i Siriani. Essi sono riconosciuti a stento come membri della società turca e incontrano ogni genere di ostruzionismo legale e burocratico. I cristiani hanno un accesso limitato agli impieghi statali e sperimentano la discriminazione nel settore privato, soprattutto nelle aziende che hanno legami con il governo. Poiché l’appartenenza religiosa è ancora indicata nelle vecchie carte d’identità e nel chip elettronico delle nuove carte d’identità, è facile discriminare i cristiani che si candidano per un posto di lavoro.
Nonostante il sistema legale turco attribuisca uguali diritti a uomini e donne, dalle donne si pretende che esprimano il loro rispetto alla famiglia nella scelta della loro carriera, delle loro relazioni e del loro coniuge. Pertanto, diventare cristiane può comportare un grande pericolo, soprattutto nelle aree rurali. Le donne che si convertono rischiano di affrontare il rifiuto da parte delle loro famiglie o il divieto d’incontrarsi con altri cristiani. Data l’attuale ripresa dell’islamismo nel paese, le donne rischiano anche di dover far fronte a una crescente pressione per soddisfare le attese islamiche in materia di abbigliamento e condotta.
In Turchia, si esige che gli uomini difendano l’islam e i valori turchi. Non soddisfare queste attese crea una pressione che può giungere fino a vietare agli uomini di mettere piede in una chiesa.
Il servizio militare è obbligatorio. Se l’appartenenza alla religione cristiana è annotata sulla carta d’identità di un uomo, questi può essere guardato con sospetto dai suoi superiori e può diventare vittima di bullismo da parte dei commilitoni. I cristiani hanno difficoltà a trovare un posto di lavoro nel settore pubblico, mentre nel settore privato c’è la minaccia di discriminazione.
“La sola ragione a cui riesco a pensare per cui possono obbligarmi ad andarmene è che siamo gente di fede e, a volte, abbiamo condiviso la nostra fede con la gente del posto”.
La Turchia ha fatto un balzo di nove posti rispetto alla World Watch List dell’anno scorso, e questo riflette una crescente e soffocante pressione del nazionalismo religioso sul cristianesimo, nonché un aumento degli episodi di violenza riportati. La riconversione di due chiese storiche da musei in moschee nell’estate del 2020 ha rinforzato il crescente nervosismo dei cristiani nei confronti della direzione islamica e nazionalista in cui si sta muovendo il paese. A luglio il presidente Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che la Hagia Sophia di Istanbul – una chiesa costruita nel sesto secolo e convertita in moschea nel quindicesimo secolo e poi trasformata in un museo nel 1935 – doveva essere nuovamente convertita in moschea. Due settimane dopo, l’edificio è stato aperto ai riti musulmani.
Tutto questo ha portato la paura tra i cristiani e alcuni giovani credenti hanno ritenuto opportuno lasciare il paese e trasferirsi in occidente. Vi è anche la prova che i giovani turchi rifiutino generalmente di credere nel dilagante nazionalismo religioso. Intanto molti cristiani stranieri sono obbligati a lasciare la Turchia. Secondo l’Associazione delle Chiese Protestanti, da gennaio 2019 quasi 60 cittadini stranieri, molti dei quali lavoravano in Turchia come pastori o responsabili di comunità, hanno ricevuto l’ordine di lasciare la nazione o non è stato loro consentito di rientrare nel paese.
I convertiti sperimentano una maggiore opposizione nelle zone rurali della Turchia. Di conseguenza, un elevato numero di loro vive nelle aree urbane, dove la vita è più libera. Gruppi cristiani storici, come le chiese armene e assire (siriache) affrontano pesanti pressioni e ostilità nella regione sud-orientale della Turchia.
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