La persecuzione dei cristiani in India si sta intensificando mentre gli estremisti indù mirano a ripulire il Paese della loro presenza e influenza.
La forza trainante dietro a questo atteggiamento è l’Hindutva: un’ideologia che non considera i cristiani indiani e le altre minoranze religiose come veri indiani a causa dei loro legami al di fuori dell’India e che afferma la necessità di purificare il Paese dalla loro presenza.
Ciò sta conducendo ad un sistematico tartassamento dei cristiani e delle altre minoranze religiose, spesso violento e ben orchestrato, che include l’uso dei social media per diffondere disinformazione e fomentare l’odio. La pandemia di COVID-19 ha offerto una nuova arma ai persecutori. In alcune aree, i cristiani sono stati deliberatamente trascurati nella distribuzione locale degli aiuti governativi e sono stati perfino accusati di diffondere il virus.
La persecuzione di donne e ragazze cristiane assume spesso la forma di molestie o violenze sessuali e, in alcuni casi segnalati, di tratta di essere umani. Le figlie, le sorelle e le mogli dei pastori sono particolarmente vulnerabili.
Le convertite al cristianesimo rischiano segregazione domestica, matrimoni forzati, divorzio forzato e l’espulsione dalla propria casa.
Molte donne della casta Dalit (classe inferiore) e delle comunità tribali si sono convertite al cristianesimo; questo le rende doppiamente esposte. Un esperto di Porte Aperte osserva: “La società patriarcale indiana è forse un nemico ancora peggiore per le donne rispetto al bigottismo religioso. Insieme, i due fattori fanno un miscuglio fatale”.
La maggior parte dei responsabili di chiesa sono uomini ed essere un pastore è considerata una delle vocazioni più rischiose in India. Gli estremisti indù prendono di mira i responsabili e le loro famiglie per instillare paura nella comunità cristiana locale.
Al tempo stesso gli ultimi cinque anni hanno visto gli uomini cristiani soffrire sempre di più sul posto di lavoro. Quando la loro fede viene scoperta possono perdere il lavoro, essere trasferiti in luoghi lontani, ricevere maggiori carichi di lavoro, affrontare il boicottaggio dei clienti ed essere costretti a partecipare a pratiche cultuali indù. Gli uomini cristiani incontrano anche l’ostilità delle loro stesse famiglie e comunità, comprese molestie verbali e perdita dell’eredità.
Un’altra tendenza comune è la costruzione di false accuse contro gli uomini cristiani, in particolare pastori e predicatori, incluse le accuse di conversioni forzate, molestie sessuali e denigrazione delle divinità indù.
Sumi (pseudonimo) è una vedova di 25 anni il cui marito è stato ucciso per la sua fede (marzo 2021): “Se necessario morirò per Gesù, ma non lo lascerò mai.”
Nonostante una lieve riduzione di violenza nei confronti dei cristiani in India, essa rimane ad un livello estremo e la pressione in ogni sfera della vita resta molto alta o estrema.
Un fattore determinante è l’uso dei social media. Quando una folla estremista indù attacca i cristiani, uno dei primi atti compiuti dagli assalitori è quello di togliere i cellulari alle loro vittime in modo da impedirgli di registrare l’attacco stesso. Il gruppo di assalitori invece registra la violenza per poi pubblicarla sui social media per promuovere il proprio operato.
Le regioni dove c’è maggiore persecuzione sono quelle in cui il Bharatiya Janata Party (BJP), un partito nazionalista indù, risulta avere la maggioranza nel governo dello Stato; la situazione può cambiare ogni cinque anni in seguito a nuove elezioni.
Porte Aperte lavora attraverso i partner locali per rafforzare la Chiesa in India fornendo Bibbie, aiuti di prima necessità, formazione per resistere nella persecuzione, formazione per la sussistenza e progetti di sviluppo della comunità.
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